e sempre di mirar faceasi accesa (Par. 33.99)
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Dante e la Toscana Occidentale: tra Lucca e Sarzana (1306-1308)

di Gabriele Tanassi

Dante e la Toscana Occidentale: tra Lucca e Sarzana (1306-1308). Atti del Convegno di Studi (Lucca-Sarzana 5-6 ottobre 2020), a cura di Alberto Casadei e Paolo Pontari, Pisa, Pisa University Press, 2021, pp. 644.

ALL’ALBA del settimo Centenario Dantesco, tra il 5 e il 6 ottobre 2020, si è svolto a Lucca e Sarzana un Convegno di Studi promosso dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa i cui risultati sono confluiti nel recente volume Dante e la Toscana Occidentale, che raccoglie i contributi emersi nelle due giornate di lavori e costituisce un significativo punto di incontro tra acquisizioni ormai assodate e nuove prospettive sull’Alighieri e su un’importante tappa del suo prolungato esilio. Accogliendo studi paralleli risultanti da varie discipline e ricerche bibliografiche e d’archivio – inscritte nell’àmbito del Progetto dell’Ateneo di Pisa Testi, testimonianze e documenti danteschi in area toscana tra il XIV e il XVI secolo coordinato da Alberto Casadei (2018-2020) –, il volume si presenta “bipartito” secondo una struttura che rispecchia i due incontri del Convegno, prima quello lucchese e poi quello sarzanese, riportando infine un’appendice fotografica contenente riproduzioni dei documenti menzionati (pp. 533-581). Nel suo insieme, esso traccia un quadro più dettagliato e aggiornato dell’orizzonte dantesco degli anni 1306-1308, per il quale, come è noto, è possibile valersi della sopravvivenza di due rilevanti documenti d’archivio – gli Atti della Pace del 1306 tra i Malaspina e il vescovo di Luni e l’atto notarile che testimonia la presenza di Giovanni Alighieri a Lucca nel 1308 –, fatto non scontato a fronte della disarmante scarsità di fonti ufficiali relative al periodo dell’esilio.

Il primo contributo a figurare nel volume (Gli ospiti di Dante a Lucca: la famiglia Gentili, pp. 17-57) è anche uno dei più innovativi e presenta un interessante studio storico dai risvolti critico-letterari condotto da Federico Lucignano sotto la guida di Alma Poloni, in cui, a partire dal succitato atto del 1308, viene condotta un’indagine che porta all’identificazione di tre linee convergenti fondamentali per una migliore comprensione del contesto cittadino lucchese in cui si trovò l’Alighieri: i Gentili – nel ruolo di hospites –, i Macci – compagnia mercantile fiorentina – e i Malaspina – soprattutto Franceschino, «il quale potrebbe essere visto come lo “sponsor” di Dante a Lucca» (p. 53). Dal collegamento con i Gentili, in particolare, emerge infine la suggestiva ipotesi di Lucignano, il quale propone di ricondurre la celebre Gentucca di Purg. XXIV a una giovane donna esponente di tale famiglia, prospettiva affascinante per l’esauriente studio storico-documentario che la motiva nonostante la mancanza di «un’esplicita menzione di una Gentucca Gentili nelle fonti notarili» (p. 56).

Come spesso accade nel volume, i contributi dialogano e si arricchiscono a vicenda; è questo il caso del saggio di Fabrizio Franceschini su Lucca e il lucchese nella Commedia, nella sua tradizione e negli antichi commenti (pp. 177-217), che, tra le altre cose, riporta l’attenzione con ulteriori osservazioni proprio su Gentucca all’interno del suo ampio esame linguistico del lucchese: questo, impostato sui «testi che si scrivevano e leggevano in Toscana occidentale tra gli anni ’30-’40 del Trecento e gli inizi del Quattrocento» (p. 177) e concluso da un confronto tra Pisa e Lucca all’interno del poema, consente di fare chiarezza su alcuni particolari usi linguistici mediante la prospettiva testuale (dantesca) – alcune forme usate nella Commedia – e quella ricezionale – le considerazioni degli antichi esegeti e il parallelo orizzonte storico-linguistico e letterario. Tra commentatori più tardi porta invece Giorgio Masi con un contributo su due rilevanti tappe della ricezione cinquecentesca della Commedia (I commenti danteschi dei lucchesi nel Cinquecento: la «nova espositione» di Alessandro Vellutello e le «belle e dotte fatiche» di Bernardino Daniello, pp. 255-278), analisi completata dal panorama biografico dei due lucchesi tratteggiato da Paolo Celi (Alessandro Vellutello e Bernardino Daniello: due dantisti lucchesi nella Venezia del Cinquecento, pp. 279-289).

Nell’indagare il legame tra l’Alighieri e Lucca è ovviamente impossibile non citare l’incontro purgatoriale con Bonagiunta, la cui poetica è approfonditamente trattata da Elisa Orsi dopo un’introduzione di Alberto Casadei nel contributo firmato da entrambi (Dante, Bonagiunta e Lucca pp. 97-124). Un altro segmento testuale della Commedia imprescindibile nell’orizzonte in analisi è Inf. XXI, canto dei barattieri, «una saga lucchese» (M. Santagata, Dante. Il romanzo della sua vita, Milano, Mondadori, 2012 p. 202) alla quale rivolge piena attenzione il saggio di Mirko Tavoni In diretta da Malebolge: l’arrivo di Martino Bottaio lucchese (Inferno XXI) (pp. 125-154), dedicato ad esaminare l’arrivo nell’oltretomba di «un de li anzian di Santa Zita», Martino Bottaio, proprio sotto gli occhi di Dante e Virgilio, episodio che, come viene sottolineato, si mostra foriero di elementi utili in più direzioni ma su cui la critica non ha mai insistito in modo consistente. In particolare, l’evento «in diretta» permette di riprendere la questione ampiamente dibattuta dalla critica della data di inizio del viaggio ultraterreno di Dante, avallando l’ipotesi del 25 marzo sulla scorta della nota terzina con l’indicazione temporale del diavolo Malacoda (vv. 112-114); inoltre, Tavoni trae dall’arrivo di Martino Bottaio una lettura di carattere generale per l’intero poema, osservando che «Dante ha voluto significare che la sua visione oltremondana è un fatto storico precisamente datato» (p. 149).

Un’ulteriore linea di ricerca molto rilevante è quella della formazione intellettuale di Dante: le opportunità e gli stimoli culturali che hanno influito sull’Alighieri nei numerosi ambienti da lui frequentati costituiscono infatti un campo di grande interesse che merita, come è stato fatto recentemente anche in Convegni svolti a poca distanza temporale dagli incontri qui citati, un’attenzione particolare. Di questa necessità si fa carico lo studio di Valerio Cellai introdotto da Michelangelo Zaccarello (Le biblioteche lucchesi e il loro posseduto a inizio XIV secolo: una prima ricostruzione, pp. 59-96), risultato di un’indagine innovativa che ha messo in luce, con lo sguardo rivolto alla permanenza di Dante a Lucca, il panorama librario cittadino tra fine XIII e inizio XIV secolo, ricostruendo così ambienti – ad esempio la biblioteca del convento domenicano di S. Romano – che furono centri significativi per lo scenario culturale lucchese e per l’orizzonte librario che si offriva a Dante per la composizione del quarto libro del Convivio, come è stato osservato. Sfruttando i risultati di queste rilevazioni, Susanna Barsella ha poi chiuso la prima giornata di lavori proponendo alcune idee per indagare il rapporto tra Dante e Ildegarda von Bingen (pp. 353-361).

A un’ipotetica fonte utilizzata per la Commedia rimanda invece la ricerca di Fabrizio Cigni e Matteo Luti su un volgarizzamento toscano occidentale della Navigatio Sancti Brendani contenuto nel manoscritto di Tours, Bibliothèque Municipale, 1008, del quale si dà descrizione e contestualizzazione prima di giungere a un esame intertestuale che porta a riconoscere il possibile contatto dell’Alighieri con l’operetta nella sua «versione vernacolare circolante nella Toscana duecentesca» (p. 176) – «Per altra via, per altri porti»: la Navigazione di San Brandano in un manoscritto toscano occidentale del XIII secolo (Tours, Bibliothèque municipale, 1008), pp. 155-176. Restando nel retroterra ibernico cui rimanda in prima istanza la Navigatio, occorre poi citare la panoramica della cultura irlandese in Europa e in particolare nell’ambiente lucchese offerta da Pietro Giusteri e Filippo Motta (Gli irlandesi in Toscana. Il loro passaggio e il loro lascito culturale, pp. 291-314), contributo che precede il lavoro di Rolando Ferri su Augusto Mancini latinista e dantista (pp. 315-323) – il quale, per l’accento posto sulla figura di un eminente studioso legato alla dantistica, si pone in parallelo rispetto a quello di Carlo Raggi su Giosuè Carducci in Lunigiana (pp. 491-511) che compare nella sezione sarzanese – e la prospettiva artistica di Marco Collareta e Laura Violi su Le arti del Medioevo lucchese attraverso le parole e le idee di Dante (pp. 325-350) – che dialoga con quella architettonica di Roberto Ghelfi su Sarzana ai tempi di Dante (pp. 435-467) nel presentare la conformazione delle due città sotto gli occhi dell’Alighieri.

Nuove importanti acquisizioni storico-documentarie emergono poi da due indagini sul campo condotte da Paolo Pontari e Matteo Cambi. La prima, su Dante e Tolomeo da Lucca (pp. 219-254), dà nuova luce a «uno dei personaggi lucchesi più ragguardevoli dell’età dantesca» (p. 219) dal punto di vista biografico, consentendo di individuare possibili contatti tra i due, sia come influsso sulla composizione di alcuni scenari della Commedia e sia come presenza parallela nella Firenze dei primissimi anni del Trecento – quando Tolomeo era priore del convento domenicano di Santa Maria Novella, ambiente culturale cittadino che a Dante doveva essere molto familiare insieme a quello di Santa Croce. L’altro contributo, presentato nella seconda giornata, resta saldamente in dialogo con la prima in quanto prende in considerazione Dante, i Malaspina e la diocesi lunense: presenze lucchesi alla pace di Sarzana e Castelnuovo Magra (pp. 369-399): da una disamina della succitata Pace del 1306, emergono in una ricostruzione documentaria le figure lucchesi del podestà di Sarzana Ubaldo Malpigli, del giudice Bernardo Bolgarini, del notaio Dino da Gualdo e di un miles non meglio identificabile per via dei danni materiali della documentazione, altri personaggi di rilievo con cui Dante verosimilmente entrò in contatto e prima d’ora non esaminati.

La sezione sarzanese dei lavori è stata naturalmente incentrata in gran parte sulla connessione con i Malaspina, di cui è elemento fondamentale l’incarico diplomatico formalmente ricevuto in occasione della Pace del 1306. Ad essi Dante si legò in modo significativo sia per ciò che concerne l’estensione del rapporto e sia per quanto riguarda le sue declinazioni politico-diplomatiche e letterarie: il volume offre risultati significativi in tale direzione, a partire da una migliore comprensione dei rapporti dell’Alighieri con i vari esponenti dei diversi rami malaspiniani, in particolare Franceschino e Moroello, come emerge ad esempio dai Contributi al Dibattito di Alberto Casadei (pp. 523-529), in cui si offre una disamina legata alle figure di Sennuccio del Bene e Cino da Pistoia. Quest’ultimo, in particolare, si lega saldamente a tale orizzonte e il suo ruolo è messo in luce anche da Giuseppe Marrani in Dante, Cino e i Malaspina (pp. 401-411) e da Leyla M. G. Livraghi ancora nei Contributi al Dibattito (pp. 515-522).

Completano il quadro Stefano Resconi – che si è occupato di «alcuni aspetti della produzione letteraria e addirittura della ricostruzione autobiografica dantesche legate al suo soggiorno presso i Malaspina proprio alla luce del sostrato culturale trobadorico» (La Toscana occidentale, i trovatori e il Dante “malaspiniano”, pp. 413-433; citazione da pp. 422-423) – e i rilievi di Eliana M. Vecchi e Nicola Gallo, anche da una prospettiva archeologica e architettonica, su La corte malaspiniana di Giovagallo (pp. 469-489).

Nel complesso, concludendo, il volume è contraddistinto da un impianto interdisciplinare in cui elementi letterari e storico-biografici (considerando in quest’ultima categoria anche le componenti biografiche, artistiche e culturali) si uniscono restituendo alcuni tasselli importanti a un panorama ricco e articolato, e concretizzando così quanto si afferma nella Premessa ai contributi della seconda giornata nel ricordo di Marco Santagata (pp. 365-368).